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Retorica del fesso nel dibattito politico (da sempre).

Charlie Parker, uno dei più grandi sassofonisti di jazz dello scorso secolo, per alcuni il più grande, ebbe a dire in risposta a chi gli chiedesse come si fosse formato un linguaggio così originale come il suo, che di originale c'era solo il suo modo di sviluppare elementi già presenti nel passato, nella tradizione, e anche in una vivace scena attuale che sfornava musicisti di ogni livello: "Certe cose erano nell'aria, dovevi solo allungare la mano e prenderle", disse.
Era modesto Charlie, ma in fondo diceva una verità.
Con i pensieri è lo stesso, prima di formarti un'opinione che abbia un senso compiuto per la tua particolare personalità e che si rifletta in un senso comune è bene ascoltare molta gente, gente con cui concordi, come si fa per istinto naturale, e gente con cui discordi o magari concordi e discordi in parte.
Questo sembrerebbe un pensiero a senso unico, e invece nasconde il rovescio della medaglia...
Ultimamente riflettevo sulla retorica del "fesso". E chi è il fesso? Il fesso, specialmente nella retorica politica, è colui che non concepisce l'ovvietà, un fatto assodato, un fatto che conoscono anche i bambini...anche i bambini infatti si sono riempiti le mani di quel fatto, e lui, il fesso, non lo concepisce, lo contesta addirittura, questa è bella...abbiamo molti esempi (recenti e meno recenti) di come questo venga utilizzato nel linguaggio, soprattutto nel linguaggio mediatico.
L'ostentare una sicumera a screditare l'altro, in nome di una presupposta inadeguatezza (oggi si dice: incompetenza) è tipico del dibattito politico, invero credo in ogni luogo... l'Italia non fa eccezione, con qualche estremismo... La misura cardine di questa adeguatezza è data dall'accettazione acritica della cosiddetta "aria che tira" (sbaglio o è il nome di un programma televisivo?) ovvero dello spirito del tempo contemporaneo, a confermare la tesi di un Montanelli che emetteva il suo tombale giudizio sul futuro del paese in memoria di un'affermazione di Ugo Ojetti, che suonava così: - L'Italia è un paese di "contemporanei", senza passato nè posteri, perchè senza memoria. -
Quando si parla dell'efficacia di questo linguaggio nel caso dell'Italia bisogna considerare una forma-mentis complessa che è plasmata nelle innumerevoli vicissitudini che la storia ha voluto il nostro paese abbia prodotto e subito generando nientemeno, insieme alla Grecia, la civiltà occidentale.
La forma-mentis è plasmata nei secoli e nella storia e porta invariabilmente ad accettare o rifiutare, o ancora più esattamente a concepire o non concepire affatto alcune situazioni fattuali, ipotetiche o reali. Il linguaggio è espressione e insieme influenza diretta della forma-mentis.
Vero è che storicamente vi sono molte Italie con molte forma-mentis (e infatti con molteplici linguaggi) piuttosto differenti. La storia ha fatto sì che vi siano leggi non scritte nelle parole e nei silenzi delle mille e più Italie che compongono l'Italia, banalmente stigmatizzate come Nord e Sud, che hanno portato nella storia a un eccellente spirito di adattamento ed a una mentalità elastica, ma allo stesso tempo operativa (si sprecano i resoconti di alcuni nostri emigranti "eccellenti" in Germania che brillano per elasticità mentale, che sghignazzano, quando non ne soffrono, il che pure non di rado accade, dei limiti solcati nella forma-mentis dei loro colleghi tedeschi). Nondimeno, in un contesto avanzato di centralizzazione del consenso e soprattutto di spersonalizzazione della comunicazione la semplice adesione all'aria che tira può essere un limite... Per cui nell'epoca dell'arricchimento ad ogni costo e della sublimazione individuale, l'adesione e l'adattamento all'aria che tira non è, semplicemente, allungare una mano e prendere per poi (ovviamente) trarre da ciò che si è preso la propria crescita personale.
Ma è una continua giustificazione dello stato delle cose.
Il rovescio della medaglia è quindi che a forza di allungare la mano e prendere linguaggi parole considerazioni teoremi si finisce per dare per scontata una realtà fattuale immutabile, che se scolpita nei decenni rischia di divenire, e poi infatti diviene, una cancrena.
Inoltre un altro inconveniente in questo processo è che la qualità del materiale che ci si allunga per prendere ha un'importanza cruciale. Banalmente, se l'aria porta immondizia, difficilmente si riuscirà a trarne qualche arricchimento costruttivo.
Non a caso Parker non respirava musichetta...
Se si ha il controllo del materiale al quale l'individuo può attingere: linguaggi, comportamenti, stili di vita, è molto facile far passare chi è reticente ad allungare la manina, o chi è scettico sulla qualità del materiale, per un eccentrico. Questo nel migliore dei casi, ma più spesso la sentenza sottintesa è: un fesso.
Anche qui il doppio taglio dell'arma è da ravvisarsi nella straordinaria capacità di adattamento nostra (italiana), e nella profonda e genuina origine dell'umano sentimento che spinge a non voler passare per fesso...sentimento invero giustamente condiviso.
Questo è uno strumento sempre presente nella dialettica del potere in Italia, il quale fa della retorica del "fesso" un dividi et impera, per cui non solo sopravvive chi si adatta meglio (e possibilmente non rompe i coglioni) ma anche e soprattutto chi fa di tutto per non passare per "fesso" e dunque, per forza di cose, non discute neanche lontanamente lo spirito dei tempi...
Questo elemento è coadiuvato da un dibattito sempre accesissimo dove questa dinamica è praticamente l'unico motore plausibile. Tutti si dibattono, in ultima istanza, per non passare per "fessi", chi più chi meno...
Lo spirito dei tempi, l'aria che tira, soffiata ad arte dall'alto, consente anche dal basso di utilizzare questa retorica per ottenere dei benefici personali: lavoro a basso costo, lavoro agli amici degli amici, coscienza rammendata, va così, c'è poco da fare.
Il fesso ha avuto negli anni molti sinonimi: utopista, filosofo, sognatore...
Oggi la parola che impera alla TV è: Concretezza.
Parola strana, in un paese dove le parole più concrete sono state messe al bando: Stato sociale, Diritti dei lavoratori, Identità, Tradizione, Patria.
L'efficacia del linguaggio (parlato e non) è inestimabile per il potere.
A discorsi profondi di forte matrice socialista, giuridica, costituzionale e patriottica, citazioni di Keynes, difesa del tessuto sociale interno, basta contrappore un "Ma per favore! Siamo nel 2018...Ma oggi abbiamo un mercato globale con miliardi di persone cosa vuoi tornare al passato? Passatista!" Ossia, tradotto: -Sei un fesso! Non approfitti del "mercato globale" per arricchire?- Non allunghi la mano? Ma scusa: l'ultima è che puoi vendere lavatrici in Micronesia, non vuoi vendere lavatrici in Micronesia? Non preferisci vendere lavatrici ai micronesiani e perseguire legalmente il barista sotto casa perchè non ti batte lo scontrino? Che se putacaso ti battesse lo scontrino chiuderebbe la saracinesca? Non lo vuoi in galera? E tu fuori a vendere lavatrici? Come una persona onesta specchiata rispettata...Non ti batti per il nostro sogno? Sei un fesso! Puoi farlo! Puoi rammendarti la coscienza e continuare ad arricchire! Basta allungare la manina...
Che poi...fosse vero...ma non importa. Alla gente piace: è facile.
Chi credete che abbia più seguito? Chi rinuncia, in nome del bene comune, alla possibilità, anche fittizia, di arricchire individualmente? Non era facile ieri, figuriamoci oggi.
Qui non ci sono distinzioni: vale per tutti. Destri e sinistri. Belli e brutti.
Riguardo alla efficacia di questa tattica comunicativa cito uno dei libri imprescindibili per comprendere il contesto storico della seconda guerra mondiale (e quindi il meno letto) e soprattutto fondamentale per comprendere la dialettica del potere: "La scuola dei dittatori" di Ignazio Silone.
Ignazio Silone, uomo di una profondità alla quale devo molto, rispettato da altri uomini onesti ma come lui, purtroppo, di un altro tempo (per esempio Montanelli). Egli non si curava molto della retorica vigente, è stato anzi da questo punto di vista sempre l'uomo sbagliato, al momento sbagliato: Antifascista sotto il fascismo, ovvero quando gli italiani erano TUTTI fascisti, e ritrovatosi a rientrare in Italia da fuoriusicito dal Partito Comunista nel dopoguerra, ovvero quando gli italiani erano divenuti TUTTI antifascisti (magicamente).
Lui ha commesso l'errore di non essersi adeguato allo spirito dei tempi ed essere rimasto lo stesso. Rimasto lo stesso, questo si dice in due parole.
Non lo biasimo: alla fine della storia Charlie Parker suonava come Parker perchè era Parker, del resto...
Però Silone la sua scelta l'ha pagata.
Niente medaglie per Silone, dopo che il fascismo gli ammazzò un fratello, ebbe un riconoscimento letterario in patria assai tardivo e in realtà dovuto solo all'enorme riscontro all'estero. Fu poi emarginato e calunniato nelle peggiori maniere, come usa il nostro caro paese con i suoi migliori, perfino a venti e più anni dalla morte, il suo scritto però, grazie al cielo, resta.
"La scuola dei dittatori" è un saggio acutissimo, basato sul dialogo di due aspiranti dittatori e un prigioniero, antagonista della dittatura, dal quale essi si recano, previo ragionamento, per ascoltare da un antagonista, secondo la logica che egli conosce il suo nemico, quali siano le cose da fare per creare e mantenere un perfetto regime dittatoriale. Il paradosso del libro si basa sul dialogo maestro-allievo e sul fatto che l'antagonista istruisce alacremente i funzionari su come mettere su il regime.
Uno dei due aspiranti, a un certo momento del libro, afferma di aver scritto un "programma" col quale si dovrebbe convincere il popolo a votarli, con la logica.
Il consigliere dice: "Avete sul serio scritto un tale programma? Stracciatelo subito, non è con gli argomenti che vincerete...Dovete al contrario evitare ogni tipo di argomentazione logica, e puntare a un certo tipo di comunicazione: -Le chiacchiere non riempiono lo stomaco!- ecco una frase con cui vincerete senz'altro, se la contrapporrete alla prima argomentazione logica dei vostri avversari".
Suona familiare?
Chi ha il coraggio di passare per fesso?
A chi lo ha (e sono pochi) io dico che ha le palle, eccome.
Sitka
Era modesto Charlie, ma in fondo diceva una verità.
Con i pensieri è lo stesso, prima di formarti un'opinione che abbia un senso compiuto per la tua particolare personalità e che si rifletta in un senso comune è bene ascoltare molta gente, gente con cui concordi, come si fa per istinto naturale, e gente con cui discordi o magari concordi e discordi in parte.
Questo sembrerebbe un pensiero a senso unico, e invece nasconde il rovescio della medaglia...
Ultimamente riflettevo sulla retorica del "fesso". E chi è il fesso? Il fesso, specialmente nella retorica politica, è colui che non concepisce l'ovvietà, un fatto assodato, un fatto che conoscono anche i bambini...anche i bambini infatti si sono riempiti le mani di quel fatto, e lui, il fesso, non lo concepisce, lo contesta addirittura, questa è bella...abbiamo molti esempi (recenti e meno recenti) di come questo venga utilizzato nel linguaggio, soprattutto nel linguaggio mediatico.
L'ostentare una sicumera a screditare l'altro, in nome di una presupposta inadeguatezza (oggi si dice: incompetenza) è tipico del dibattito politico, invero credo in ogni luogo... l'Italia non fa eccezione, con qualche estremismo... La misura cardine di questa adeguatezza è data dall'accettazione acritica della cosiddetta "aria che tira" (sbaglio o è il nome di un programma televisivo?) ovvero dello spirito del tempo contemporaneo, a confermare la tesi di un Montanelli che emetteva il suo tombale giudizio sul futuro del paese in memoria di un'affermazione di Ugo Ojetti, che suonava così: - L'Italia è un paese di "contemporanei", senza passato nè posteri, perchè senza memoria. -
Quando si parla dell'efficacia di questo linguaggio nel caso dell'Italia bisogna considerare una forma-mentis complessa che è plasmata nelle innumerevoli vicissitudini che la storia ha voluto il nostro paese abbia prodotto e subito generando nientemeno, insieme alla Grecia, la civiltà occidentale.
La forma-mentis è plasmata nei secoli e nella storia e porta invariabilmente ad accettare o rifiutare, o ancora più esattamente a concepire o non concepire affatto alcune situazioni fattuali, ipotetiche o reali. Il linguaggio è espressione e insieme influenza diretta della forma-mentis.
Vero è che storicamente vi sono molte Italie con molte forma-mentis (e infatti con molteplici linguaggi) piuttosto differenti. La storia ha fatto sì che vi siano leggi non scritte nelle parole e nei silenzi delle mille e più Italie che compongono l'Italia, banalmente stigmatizzate come Nord e Sud, che hanno portato nella storia a un eccellente spirito di adattamento ed a una mentalità elastica, ma allo stesso tempo operativa (si sprecano i resoconti di alcuni nostri emigranti "eccellenti" in Germania che brillano per elasticità mentale, che sghignazzano, quando non ne soffrono, il che pure non di rado accade, dei limiti solcati nella forma-mentis dei loro colleghi tedeschi). Nondimeno, in un contesto avanzato di centralizzazione del consenso e soprattutto di spersonalizzazione della comunicazione la semplice adesione all'aria che tira può essere un limite... Per cui nell'epoca dell'arricchimento ad ogni costo e della sublimazione individuale, l'adesione e l'adattamento all'aria che tira non è, semplicemente, allungare una mano e prendere per poi (ovviamente) trarre da ciò che si è preso la propria crescita personale.
Ma è una continua giustificazione dello stato delle cose.
Il rovescio della medaglia è quindi che a forza di allungare la mano e prendere linguaggi parole considerazioni teoremi si finisce per dare per scontata una realtà fattuale immutabile, che se scolpita nei decenni rischia di divenire, e poi infatti diviene, una cancrena.
Inoltre un altro inconveniente in questo processo è che la qualità del materiale che ci si allunga per prendere ha un'importanza cruciale. Banalmente, se l'aria porta immondizia, difficilmente si riuscirà a trarne qualche arricchimento costruttivo.
Non a caso Parker non respirava musichetta...
Se si ha il controllo del materiale al quale l'individuo può attingere: linguaggi, comportamenti, stili di vita, è molto facile far passare chi è reticente ad allungare la manina, o chi è scettico sulla qualità del materiale, per un eccentrico. Questo nel migliore dei casi, ma più spesso la sentenza sottintesa è: un fesso.
Anche qui il doppio taglio dell'arma è da ravvisarsi nella straordinaria capacità di adattamento nostra (italiana), e nella profonda e genuina origine dell'umano sentimento che spinge a non voler passare per fesso...sentimento invero giustamente condiviso.
Questo è uno strumento sempre presente nella dialettica del potere in Italia, il quale fa della retorica del "fesso" un dividi et impera, per cui non solo sopravvive chi si adatta meglio (e possibilmente non rompe i coglioni) ma anche e soprattutto chi fa di tutto per non passare per "fesso" e dunque, per forza di cose, non discute neanche lontanamente lo spirito dei tempi...
Questo elemento è coadiuvato da un dibattito sempre accesissimo dove questa dinamica è praticamente l'unico motore plausibile. Tutti si dibattono, in ultima istanza, per non passare per "fessi", chi più chi meno...
Lo spirito dei tempi, l'aria che tira, soffiata ad arte dall'alto, consente anche dal basso di utilizzare questa retorica per ottenere dei benefici personali: lavoro a basso costo, lavoro agli amici degli amici, coscienza rammendata, va così, c'è poco da fare.
Il fesso ha avuto negli anni molti sinonimi: utopista, filosofo, sognatore...
Oggi la parola che impera alla TV è: Concretezza.
Parola strana, in un paese dove le parole più concrete sono state messe al bando: Stato sociale, Diritti dei lavoratori, Identità, Tradizione, Patria.
L'efficacia del linguaggio (parlato e non) è inestimabile per il potere.
A discorsi profondi di forte matrice socialista, giuridica, costituzionale e patriottica, citazioni di Keynes, difesa del tessuto sociale interno, basta contrappore un "Ma per favore! Siamo nel 2018...Ma oggi abbiamo un mercato globale con miliardi di persone cosa vuoi tornare al passato? Passatista!" Ossia, tradotto: -Sei un fesso! Non approfitti del "mercato globale" per arricchire?- Non allunghi la mano? Ma scusa: l'ultima è che puoi vendere lavatrici in Micronesia, non vuoi vendere lavatrici in Micronesia? Non preferisci vendere lavatrici ai micronesiani e perseguire legalmente il barista sotto casa perchè non ti batte lo scontrino? Che se putacaso ti battesse lo scontrino chiuderebbe la saracinesca? Non lo vuoi in galera? E tu fuori a vendere lavatrici? Come una persona onesta specchiata rispettata...Non ti batti per il nostro sogno? Sei un fesso! Puoi farlo! Puoi rammendarti la coscienza e continuare ad arricchire! Basta allungare la manina...
Che poi...fosse vero...ma non importa. Alla gente piace: è facile.
Chi credete che abbia più seguito? Chi rinuncia, in nome del bene comune, alla possibilità, anche fittizia, di arricchire individualmente? Non era facile ieri, figuriamoci oggi.
Qui non ci sono distinzioni: vale per tutti. Destri e sinistri. Belli e brutti.
Riguardo alla efficacia di questa tattica comunicativa cito uno dei libri imprescindibili per comprendere il contesto storico della seconda guerra mondiale (e quindi il meno letto) e soprattutto fondamentale per comprendere la dialettica del potere: "La scuola dei dittatori" di Ignazio Silone.
Ignazio Silone, uomo di una profondità alla quale devo molto, rispettato da altri uomini onesti ma come lui, purtroppo, di un altro tempo (per esempio Montanelli). Egli non si curava molto della retorica vigente, è stato anzi da questo punto di vista sempre l'uomo sbagliato, al momento sbagliato: Antifascista sotto il fascismo, ovvero quando gli italiani erano TUTTI fascisti, e ritrovatosi a rientrare in Italia da fuoriusicito dal Partito Comunista nel dopoguerra, ovvero quando gli italiani erano divenuti TUTTI antifascisti (magicamente).
Lui ha commesso l'errore di non essersi adeguato allo spirito dei tempi ed essere rimasto lo stesso. Rimasto lo stesso, questo si dice in due parole.
Non lo biasimo: alla fine della storia Charlie Parker suonava come Parker perchè era Parker, del resto...
Però Silone la sua scelta l'ha pagata.
Niente medaglie per Silone, dopo che il fascismo gli ammazzò un fratello, ebbe un riconoscimento letterario in patria assai tardivo e in realtà dovuto solo all'enorme riscontro all'estero. Fu poi emarginato e calunniato nelle peggiori maniere, come usa il nostro caro paese con i suoi migliori, perfino a venti e più anni dalla morte, il suo scritto però, grazie al cielo, resta.
"La scuola dei dittatori" è un saggio acutissimo, basato sul dialogo di due aspiranti dittatori e un prigioniero, antagonista della dittatura, dal quale essi si recano, previo ragionamento, per ascoltare da un antagonista, secondo la logica che egli conosce il suo nemico, quali siano le cose da fare per creare e mantenere un perfetto regime dittatoriale. Il paradosso del libro si basa sul dialogo maestro-allievo e sul fatto che l'antagonista istruisce alacremente i funzionari su come mettere su il regime.
Uno dei due aspiranti, a un certo momento del libro, afferma di aver scritto un "programma" col quale si dovrebbe convincere il popolo a votarli, con la logica.
Il consigliere dice: "Avete sul serio scritto un tale programma? Stracciatelo subito, non è con gli argomenti che vincerete...Dovete al contrario evitare ogni tipo di argomentazione logica, e puntare a un certo tipo di comunicazione: -Le chiacchiere non riempiono lo stomaco!- ecco una frase con cui vincerete senz'altro, se la contrapporrete alla prima argomentazione logica dei vostri avversari".
Suona familiare?
Chi ha il coraggio di passare per fesso?
A chi lo ha (e sono pochi) io dico che ha le palle, eccome.
Sitka
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